Bailey, protagonista senza stereotipi di genere – #ProgettoVanigiò

Lo so, è passato un bel po’ di tempo… ma nonostante tutto eccomi qui, a portare avanti questa serie di blog-post su Progetto Vanigiò.

Nel primo post ho accennato al fatto che ho scelto una protagonista in cui possa identificarsi non necessariamente il solito, convenzionale pubblico di ragazze. Siccome ritengo che questo sia un punto di forza del mio progetto, oggi voglio parlartene meglio.

Bailey

Ti presento Bailey, la protagonista della serie light novel “Progetto Vanigiò” (ricorda che “Progetto Vanigiò” è solo un nome in codice).

Primo schizzo di Bailey realizzato da Standreamy.

Quando la conosciamo ha 14 anni, ma sembra molto più giovane, il che la rende vittima di bullismo da parte dei coetanei.

Non è una ragazza attraente e nemmeno particolarmente femminile: capelli scompigliati e perennemente raccolti, sguardo sonnolento… All’inizio lo noterete poco, eppure Bailey nasconde un’anima anticonformista.

Fin dalla tenera età si sente a disagio indossando gonne e fronzoli vari. Per lei felpa e pantaloni sono qualcosa di ben più naturale, perché sente di non aver bisogno di dimostrare la propria femminilità tramite gli abiti. In altre parole, Bailey è contraria agli stereotipi di genere.

Oggi l’argomento è molto diffuso, ma nel centro Italia del 2006 (periodo in cui ha inizio la nostra storia) è difficile essere pienamente accettati dalla società.

Ho fatto la scelta giusta?

La storia però non è totalmente incentrata sugli stereotipi di genere, perché l’anticonformismo non è affatto la caratteristica più insolita di Bailey. Lei infatti nasconde un segreto ben più grande: è in realtà un’extraterrestre.

Esatto, hai capito bene. Bailey è il suo vero nome, ma sulla Terra nessuno la chiama così, poiché tutti la conoscono come “Greta” (sì, le ho dato il mio nome di battesimo. Anche a questo ci arriveremo).

Dal momento che Progetto Vanigiò sarà una serie light novel di fantascienza c’è stato un periodo in cui mi sono domandata se il background di Bailey fosse veramente il più adatto. Di solito nelle opere manga e anime d’azione i protagonisti sono in un certo senso attraenti: ragazze formose, ragazzi muscolosi o quantomeno affascinanti… insomma, il fattore estetico aiuta molto a creare un legame tra pubblico e personaggi, su questo non c’è dubbio. Io invece ho scelto una quattordicenne che, oltre a sembrare una bambina, tende a nascondere la propria femminilità in abiti maschili.

(…ok, lo confesso: io guardo My Hero Academia principalmente perché è un anime pieno di bei ragazzi 🙈​)

Ci ho pensato alla possibilità di dare a Bailey un aspetto diverso, ma poi ho cambiato idea quando ho partecipato a un corso di formazione sulla scrittura terapeutica.

Stereotipi e personaggi

La scorsa primavera ho avuto l’opportunità di prendere parte a un interessante corso sulla scrittura terapeutica, tenuto da un’associazione che opera nelle mie zone.

Ad un certo punto si è parlato di come i bambini vengano spesso condizionati dagli stereotipi a cui i personaggi delle opere d’animazione sono generalmente legati.

Ad esempio, la protagonista è spesso una bella principessa, mentre l’antagonista ha un brutto aspetto o talvolta è perfino in sovrappeso. In più, a un fisico adiposo è in genere associato un personaggio goffo, caratterizzato per apparire ridicolo.

Insomma, si crea spesso un netto contrasto tra figure positive e negative, accentuato dall’aspetto fisico. Questo può avere dei risvolti molto gravi, come i disturbi del comportamento alimentare.

Nel corso si è sottolineato quanto sia importante cambiare questa concezione così limitante, poiché non a tutti è effettivamente concesso di rispecchiarsi nella figura del protagonista. Eppure la vita vera è ben diversa dalle favole: esistono eroi in sovrappeso, ragazze che si identificano nel principe azzurro, ragazzi che sognano di essere una principessa…

Il mondo è vario, non è composto solo da chi si adegua agli stereotipi. Ecco perché noi scrittori non possiamo dividere il pubblico in “lettori di serie A” e “lettori di serie B”.

Ora sono certa chemolti giovani si identificheranno in Bailey e la apprezzeranno nonostante l’aspetto poco convenzionale. Come direbbe lei stessa: «Mica è l’abito a fare il monaco!»

Perché proprio l’extraterrestre?

E va bene, lo ammetto: in Bailey c’è molto di autobiografico, anzi, quasi tutto. Ma, sebbene le sue vicende terrestri siano liberamente tratte dalla mia adolescenza, c’è una profonda differenza tra me e lei: Bailey è un’extraterrestre e io (ovviamente) no.

Può sembrare scontato, eppure nella realtà questo cambia completamente ogni punto di vista: cambiano le consapevolezze, le scelte, le priorità, i desideri…

Ci sono tanti lati di me che non esisterebbero se io fossi consapevole di avere origini extraterrestri e in compenso ce ne sarebbero altri totalmente inediti. In qualche modo ho cercato di immaginarli, fin dalla mia infanzia, fin da quando ho conosciuto il bullismo.

L’extraterrestre rappresenta, in un certo senso, come io mi sento nei confronti della società. Forse la ragione principale di questa scelta narrativa è la ricerca di una via d’uscita: una speranza che, almeno altrove, possano esistere individui più sviluppati rispetto a noi esseri umani. Civiltà che non hanno bisogno di imporre stereotipi o scatenare guerre, pur avendo anche loro dei lati oscuri (e li esploreremo meglio nel corso di Progetto Vanigiò).

Per oggi è tutto. Fammi sapere cosa ne pensi di Bailey e raccontami se tu stesso/a avresti voluto identificarti in protagonisti diversi rispetto agli stereotipi che ci sono stati proposti durante la nostra infanzia.