Vediamo insieme come si articola questa struttura narrativa e cosa la fa funzionare così bene.
Panoramica generale
La narrativa occidentale è strutturata in tre tempi che ruotano attorno al conflitto, quindi si trascorre la maggior parte della storia a superare un certo ostacolo. Invece, la narrativa kishōtenketsu non ha bisogno di conflitti per funzionare, perché sono i colpi di scena ad essere al centro.
Questo tipo di narrazione è più strettamente associato al Giappone, ma si utilizza anche negli storytelling cinesi e coreani.
Cos’è il Kishōtenketsu
È lo storytelling strutturato in quattro tempi narrativi.
La trama kishōtenketsu si basa sul colpo di scena del terzo atto: è questa fase a contestualizzare l’intera narrazione, mentre invece una storia occidentale inizia introducendo il conflitto e raggiungendo poi il climax.
Inoltre, nel kishōtenketsu il protagonista non ha bisogno di subire traumi e uscirne meglio o peggio.
Atti del kishōtenketsu
1. Introduzione (ki)
L’impostazione della storia. Vengono presentati gli elementi fondamentali che la compongono: i personaggi, l’ambientazione e qualsiasi informazione utile alla comprensione della trama.
Questo atto tende ad essere il più conciso, perché deve solo introdurre i protagonisti, il mondo in cui vivono e la situazione iniziale. Spesso assume un tono più introspettivo e descrittivo rispetto agli altri.
2. Sviluppo/approfondimento (shō)
Questo atto sviluppa e approfondisce gli elementi introdotti nel “ki”. Non ci sono grandi cambiamenti, poiché serve a offrire ai lettori una visione più ampia e profonda della storia.
La transizione da ki a shō spesso coincide con un cambio nell’obiettivo o nella motivazione del protagonista. Qui viene introdotta una situazione che sfida il normale equilibrio, quindi la storia tende a presentare un aumento della tensione o dell’azione. In pratica è quando la trama inizia a diventare più dinamica e coinvolgente.
Shō può durare molto più a lungo rispetto agli altri atti, perché è qui che la trama si sviluppa e si espande.
3. Svolta (ten)
Questa è la parte più importante della narrazione: ciò a cui volevamo arrivare con i primi due atti.
La svolta è come il climax in uno storytelling occidentale, in cui le cose prendono una piega inaspettata e interessante.
Questo atto può sembrare scollegato rispetto a come è stata presentata la storia nei primi due. È una svolta apparentemente inspiegabile e non per forza causata dal protagonista.
La trama ha raggiunto il punto critico e la tensione è al massimo. Non è necessario che la svolta sia un evento negativo o sconvolgente, ma cambia radicalmente il corso della storia.
4. Conclusione (ketsu)
Questo atto ricompone il puzzle, facendo luce sul nesso che lega i primi due atti al terzo.
Le due parti vengono ricombinate a formare un insieme coerente, poi la storia giunge alla sua logica conclusione e il protagonista si ritrova a vivere le conseguenze del colpo di scena.
A differenza delle narrazioni occidentali, non è detta che ci sia un’azione risolutiva. La svolta potrebbe addirittura aver creato una tensione irrisolta, anziché un conflitto risolto. Questo rende le storie kishōtenketsu interessanti e più realistiche, perché fedeli alla vita.
Un telaio flessibile
Questi erano i quattro atti della struttura narrativa orientale.
È importante ricordare che non si tratta di uno schema rigido e immutabile, bensì di un telaio flessibile che si adatta alle esigenze della storia.
Inoltre, la struttura Kishōtenketsu incoraggia la riflessione profonda e la scoperta graduale, spingendo a esplorare sfumature e dettagli che potrebbero altrimenti sfuggire. L’assenza di un conflitto immediato può sorprendere e coinvolgere il lettore in modo unico, aprendo la porta a nuove possibilità narrative.
Sia che tu sia un appassionato lettore o un aspirante scrittore, Kishōtenketsu offre un terreno fertile per l’innovazione e l’ispirazione. Approfondire la comprensione di questa struttura narrativa può arricchire la tua esperienza nella costruzione delle storie e aprirti a nuove possibilità di narrazione.
Infine, ricorda che le storie sono veicoli potenti di connessione umana, e Kishōtenketsu ci insegna che la ricchezza delle emozioni può fiorire anche al di là degli scontri epici.
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