Dietro la mia light novel: i fumetti del Vanigiò – #ProgettoVanigiò

Nel post precedente ti ho anticipato la trama del progetto Vanigiò e a partire da essa abbiamo analizzato le varie tematiche che la storia affronterà.

Oggi però ho pensato di fare un passo indietro e ripartire da dove tutto è iniziato: i fumetti che scrivevo quando ero piccola.

Com’è nata l’ispirazione per “Progetto Vanigiò”

Come ti ho già anticipato nel primo post, il nome in codice “Progetto Vanigiò” è un tributo al centro giovanile che ha ispirato il mio progetto.

Spesso la realtà è la miglior fantasia, per questo ho sempre trovato molto divertente scrivere storie con protagonisti me e i miei amici, ogni volta alle prese con situazioni più o meno bizzarre.

Un giorno mi convinsero a far leggere i fumetti alle operatrici del Vanigiò, le quali mi chiesero entusiaste di includere anche loro tra i personaggi. Sulle prime ero un po’ restia, perché non essendo una brava disegnatrice temevo di offenderle con le mie caricature, ma immediatamente risolsero il problema mettendosi a tavolino con me e spiegandomi che nessuno dovrebbe vergognarsi delle proprie caratteristiche fisiche. Così ideammo insieme i loro character design e da lì in poi iniziò la mia “carriera” da fumettista del Vanigiò.

Frequentare quel centro giovanile era un’immensa fonte di ispirazione. Mi divertivo a osservare le peculiarità fisiche e caratteriali di ragazzi e operatori, per poi trasformarli in personaggi, ciascuno con le sue unicità.

A queste personalità così variegate si affiancavano le vicende di tutti i giorni a Vanigiò, spesso tratte dalla realtà che io amavo rivisitare, immaginando come ogni personaggio avrebbe potuto contribuire a proprio modo.

Piccolo esempio di come un buffo pomeriggio a Vanigiò si è trasformato in un fumetto

Volevo che dai miei fumetti trasparissero sia la travolgente vivacità dei protagonisti, sia il loro percepirsi parte di una grande famiglia. Io stessa a Vanigiò mi sentivo come se tutto fosse possibile, come se lì anche i fictional character potessero essere reali, specialmente se li cerchi nelle persone attraverso gli occhi di una scrittrice.

Come adatterò tutto questo alla light novel?

Anche se dal giorno in cui il Vanigiò ha chiuso io ho smesso di scrivere quei fumetti, il mio desiderio di trasmettere l’atmosfera che si respirava lì è rimasto invariato. Così la trama di partenza della mia light novel è venuta da sé: “una ragazza extraterrestre che non riesce a integrarsi nella società umana inizia a frequentare il Vanigiò e i suoi eccentrici personaggi”.

Character design della protagonista della light novel, a cura di Standreamy

Già, i personaggi. Molti di loro posso già farteli conoscere, sai? Praticamente sono gli stessi dei miei fumetti, ma avranno nomi diversi.

Naturalmente la light novel ne includerà anche di inediti, essendo di genere science fantasy.

La prima differenza tra le due opere è quindi un’espansione della storia.

Mentre i fumetti si soffermano sulla comicità e sulla vita di ogni giorno al Vanigiò, la light novel andrà oltre aggiungendo del drama e integrando tutte le difficoltà che comporta un’amicizia tra extraterrestri ed esseri umani: creature ritenute barbare e sottosviluppate dalle civiltà come quelle da cui la protagonista proviene. Ci sarà chi nutrirà dei pregiudizi su questa amicizia, chi cercherà di contrastarla e chi invece vorrà trarne beneficio. Ci saranno segreti da nascondere, pur sempre mantenendo (almeno inizialmente) quell’atmosfera di eccentrica leggerezza tipica del Vanigiò

Naturalmente questa è una parte della trama generale, la quale sarà narrata in più volumi, così che nel tempo tu possa apprezzare lo sviluppo dei personaggi e della protagonista, le cui vicende si faranno sempre più articolate. Forse avrai le idee più chiare sulla portata del progetto quando ti parlerò del worldbuilding.

In pratica i fumetti sono un’anticipazione del tipo di comicità presente nella light novel. Sto anche pensando di scriverne una serie spin-off intitolata proprio “Vanigiò”, la quale si soffermerà sul centro giovanile approfondendo quegli aspetti comunque importanti, ma che rischierebbero di rallentare la trama principale.

Cos’è il Vanigiò?

Il centro di aggregazione giovanile Vanigiò era un’iniziativa finanziata dal comune di Spoleto e gestita dagli operatori de “Il Cerchio”, ovvero la cooperativa sociale della città.

Ogni pomeriggio noi ragazzi potevamo contare su questo luogo di ritrovo in cui trovavamo sempre uno o più operatori ad accoglierci. Per noi, loro rappresentavano un punto di riferimento: delle figure adulte su cui potevamo sempre contare, per qualsiasi cosa. In pratica erano la nostra seconda famiglia, un po’ come avere dei genitori extra. Non si limitavano solo a ideare delle attività di intrattenimento, o a darci una mano nei compiti: erano soprattutto i nostri confidenti più fidati, coloro che avevano sempre il consiglio giusto, ci aiutavano a far pace quando litigavamo, ci educavano e ci mettevano perfino in punizione se necessario.

È anche capitato che i nostri genitori delegassero qualcuno di loro per parlare con gli insegnanti a scuola, oppure che l’operatore di turno tenesse aperto il Vanigiò oltre l’orario perché pioveva troppo, o perché qualcuno di noi aveva bisogno di confidarsi. Immaginate quindi la dedizione degli operatori e il legame di affetto che ci univa.

Noi ragazzi frequentavamo il centro di nostra spontanea volontà e continuavamo a tornarci ogni giorno. Spesso preferivamo stare lì anziché a bighellonare liberamente in giro, anche se magari l’operatore di turno era un po’ severo, poiché percepivamo che lui/lei era lì per noi e per il nostro bene.

A Vanigiò abbiamo imparato non soltanto il valore dell’amicizia, ma soprattutto l’importanza di rispettare il prossimo a prescindere da genere, abilità, etnia, orientamento sessuale e via dicendo. Su questo gli operatori erano molto fermi e oggi infatti sono particolarmente grata a loro per i valori con cui ci hanno accompagnati nella crescita.

La mia esperienza a Vanigiò

Ho conosciuto il Vanigiò quando avevo 14 anni. Ero appena uscita dalle scuole medie, fresca degli atti di bullismo che hanno caratterizzato quei tre anni.

Non mi sentivo a mio agio con i miei coetanei, perciò mi ero da poco aggregata a un gruppo di ragazzi più piccoli. Un pomeriggio mi proposero di andare a Vanigiò per curiosare un po’… e nel giro di poco tempo diventammo anche noi dei frequentatori abituali del centro.

Io però apparivo diffidente. In effetti temevo che stringere un legame con le operatrici mi avrebbe vincolata a fare cose che non me la sentivo di affrontare, come ad esempio socializzare, andare in gita, o magari partecipare alle recite estive.

Così me ne stavo sempre per conto mio. Quando arrivavo ero “solo di passaggio” e ci tenevo a sottolinearlo: «Vado e vengo, non fate caso a me», dicevo sempre alle operatrici mentre mi salutavano sorridenti.

Me ne stavo solitamente in un angolino, a guardare video sul cellulare o disegnare, mentre aspettavo che i miei amici decidessero di venire via. Un’operatrice in particolare è stata la prima a notare la mia tendenza a isolarmi e così ha iniziato ad avvicinarsi, dapprima solo con un: «Ciao, che fai?» fino a creare gradualmente un rapporto di fiducia con me.

Prima ancora di accorgermene ho finito per affezionarmi al Vanigiò… e l’estate successiva ero già su un palco scenico a recitare e ballare assieme a loro!

A frequentare il Vanigiò erano anche alcuni dei ragazzi che fino alle medie mi deridevano. Non solo diventammo tutti amici, ma uno addirittura mi disse: «Greta, in passato siamo stati veramente cattivi con te. Ti chiedo scusa». Queste parole ovviamente non le dimenticherò mai, così come non smetterò mai di essere grata agli operatori del Vanigiò per tutto ciò che ci hanno insegnato e per gli adulti che oggi siamo grazie a loro.Se sei curioso di leggere i fumetti citati in questo articolo, ti lascio QUI il link all’apposito post in cui li ho raccolti. Inoltre, se hai voglia di conoscere in tempo reale le fasi di progettazione e stesura di Progetto Vanigiò ti basta seguirmi anche su Instagram e TikTok.