Qualche retroscena dalla mia prima esperienza televisiva

Fiuu… eccomi qua, ancora un po’ frastornata dalla mia prima esperienza televisiva. A proposito, ecco il link della ventunesima puntata di Vorrei dirti che direttamente da Raiplay.

Devo confessarvi che è stata una vera e propria sfida. Solo per aver iniziato a creare contenuti su YouTube e TikTok mi sembrava di aver scalato chissà quale montagna… E invece ecco arrivare la TV, come un fulmine a ciel sereno!

In effetti sono stata più volte sul punto di tirarmi indietro, perché un conto è aprirsi in un piccolo canale YouTube e un altro conto è parlare davanti a mezza Italia della parte più vulnerabile di sé.

La cosa quindi ha avuto un costo in termini di crolli emotivi, attacchi di ansia e di panico… insomma, di certo in TV non ci sono andata a cuor leggero. Dopo tutto questi sono argomenti delicati, che coinvolgono anche altre persone e di conseguenza possono portare a fraintendere le intenzioni di chi si espone.

Cosa intendo comunicare?

Dal canto mio spero di aver reso chiaro il più possibile che non intendo assolutamente fare la vittima e umiliare i miei compagni di scuola. Al contrario, desidero mettere in evidenza i meccanismi che hanno coinvolto anche loro e che hanno spinto alcuni a bullizzare per non essere bullizzati.

Ricordiamoci sempre che non si nasce bulli. Siamo noi adulti con i nostri pregiudizi a condizionare i più giovani. Ecco perché io voglio agire alla radice del problema, conSapevolizzando sì i ragazzi, ma soprattutto gli adulti.

Se volete saperne di più c’è anche un video sul mio canale YouTube in cui racconto per esteso la mia storia senza il limite dei tempi televisivi.

Cosa mi ha spinta ad andare avanti?

Nei momenti più bui sono stata motivata dalla consapevolezza che, se avessi rinunciato, ora proverei rabbia verso me stessa. Rabbia per averla data vinta di nuovo a uno dei peggiori risvolti psicologici del bullismo: attribuirsi tutta la responsabilità di quel che si è subito.

Il motivo principale per cui ho accettato di comparire in TV è la consapevolezza che raccontare la mia esperienza può essere di aiuto ad altre persone. Sembra banale, ma nel mio caso se fossi stata consapevole delle conseguenze a cui sarei andata incontro, probabilmente mi sarei risparmiata una buona fetta di dolore.

Il bullismo non è un gioco

Un gioco smette di essere tale quando una delle parti non si sta più divertendo, mentre gli altri continuano a infierire. Non importa se si tratta di una singola pacca sul collo, piuttosto che un vero e proprio pestaggio. Il confine tra gioco e bullismo è subdolo, perciò è importante imparare a riconoscerlo. Non possiamo aspettarci che i ragazzi abbiano “di default” gli strumenti per rendersene conto: siamo noi a doverglieli fornire. Ecco cosa mi ha spinta a scrivere GUERRIERI NEL SILENZIO, senza il quale oggi non sarei su Raiplay.

Bonus post: Gaffe ne abbiamo?

Quelle ovviamente non mancano mai, anche se devo ammettere che me la sono cavata meglio del previsto.

Voi non ve ne siete accorti grazie alla regia, ma io non ho fatto altro che tremare per tutto il tempo! Ero così agitata che alcuni concetti mi sono venuti su con espressioni più “popolari”, meno precise. Ad esempio, mi sono quasi strappata i capelli quando rivedendomi ho sentito di aver detto “estrema unzione” anziché “unzione degli infermi”.

La differenza effettivamente è sottile… tuttavia ricordo le parole del sacerdote che ci disse: «Mi raccomando, questa NON è l’estrema unzione!». Ecco, come non detto 🤐

Non sono credente, però ci tengo a usare le terminologie corrette e pertanto chiedo venia. In passato poi ero la prima della classe a catechismo e nell’ora di religione… quindi diciamo che certi scivoloni me li perdono a fatica!


Questo è un blog personale, ciò significa che potrebbero esserci ripetizioni, errori o refusi che ho scelto di NON passare al setaccio (altrimenti scrivere post diventerebbe lavoro in più e non riuscirei a mantenere l’impegno). Grazie a chi capirà che a volte anche gli scrittori non sono “in servizio” XD